Il vino da taglio è uno strumento prezioso per il processo di vinificazione: un “sussidiario” tanto più pregiato quanto più appare intenso di colore e forte di sapore.

Esistono specifici mosti (o vini) che vengono appositamente sfruttati per correggere alcune caratteristiche di altri mosti (o altri vini), soprattutto per quanto concerne la gradazione alcolica, le qualità organolettiche e il colore. Per definizione, in enologia, si ha infatti un taglio laddove vini o mosti di diversa provenienza, diversa varietà, vendemmia o categoria vengono miscelati insieme.

Gli esperti parlano perciò di mezzotaglio e di taglio… Il vino da mezzotaglio è usato nel caso in cui dalla miscelazione si voglia ottenere la correzione di un'unica caratteristica del vino. Il taglio intero si presenta nel momento in cui si correggono più caratteristiche contemporaneamente. 

Va da sé che i vini da taglio, il più delle volte, non vengono commercializzati e non sono quindi disponibili in bottiglie destinate al consumatore finale. Ci sono delle eccezioni: sia a livello storico che per i trend più attuali, non è raro avere a che fare con vini da taglio bevuti in purezza. Il Primitivo pugliese, per esempio, è stato considerato un vino da taglio per lunghi decenni e oggi è una qualità apprezzata in tutto il mondo. Anche il Nero d’Avola, in Sicilia, si riteneva all’inizio un vino da taglio.

L’immagine classica del vino da taglio è quella di un mosto molto denso o di un vino non particolarmente fermentato ma più o meno dolce (di base, quanto più zucchero è presente nel mosto, tanto più alcolico sarà il vino risultante). Tali aspetti appaiono coerenti alla funzione di migliorare il colore o la dolcezza di un altro mosto o di un vino. Per presentare tali caratteristiche i vini da taglio sono quindi giovani privi di aromi sintetici e conservanti.

Che cos'è un vino da taglio

Il vino da taglio serve quindi principalmente a bilanciare o correggere altre tipologie di vino, come un ingrediente indispensabile per poter ottenere qualità peculiari o correttive. Di conseguenza, il taglio deve essere praticato con sensibilità massima, attenzione e competenza, dato che un uso improprio della pratica potrebbe compromettere la qualità del vino.

Sull’etichetta, difficilmente ci sarà scritto se il prodotto deriva da un taglio o meno. Primo, perché quasi tutti i vini da tavola nascono da un taglio. E, secondo, perché la normativa impone che l’etichetta riporti solo dati sull’azienda produttrice e imbottigliatrice, sulla denominazione di origine, la presenza di solfiti e altri allergeni, il grado alcolico e il lotto di produzione.

In generale, però, il taglio del vino è cruciale per garantire qualità, coerenza e carattere al prodotto finale. Ci sono casi, infatti, in cui le uve possono variare considerevolmente da un'annata all'altra e dare origine a vini dal colore o dal sapore diverso. Intervenendo con il taglio si può invece sempre ottenere un profilo gustativo riconoscibile e specifico.

Il vino detto da taglio viene quindi miscelato in dosi limitate e disciplinata al vino di destinazione, per ottenere vantaggi in termini di bilanciamento, correzione (eliminare difetti o eccessi), consistenza e anche costo (il blending ha senso anche per contenere le spese di produzione).

Così, se un vino rivela per esempio una gradazione alcolica troppo bassa, è possibile aggiungere un taglio con una maggiore gradazione, in modo da ottenere il livello desiderato. Lo stesso si può fare per correggere l’acidità, eliminare o aggiungere aromi e mantenere un livello qualitativo standard in tutte le bottiglie.

Regolamenti per il taglio del vino

Quando un enologo parla di blend non fa altro che evocare il processo di miscelazione e quindi l’uso di un vino da taglio. La premessa, in questi casi, è che il vino prodotto con una sola varietà d’uva non è di per sé qualitativamente superiore né inferiore a quello prodotto con un assemblaggio di due o più vini

Il taglio non può e non deve essere arbitrario. Deve seguire una logica e va inteso come pratica regolamentata con limitazioni specifiche in base alle normative regionali e nazionali. Di conseguenza, i vini finali ottenuti mediante il taglio possono essere imbottigliati e commercializzati solo se i componenti della miscela (o del taglio) soddisfano le caratteristiche richieste dalla normativa.

Come abbiamo detto, l’obiettivo di aumentare la gradazione alcolica è uno dei principali motivi del taglio. E, in teoria, il metodo più agevole per ottenere un simile risultato sarebbe l'aggiunta di zucchero al mosto, ciò che in gergo tecnico si chiama zuccheraggio. In quasi tutti i Paesi del mondo (UE compresa) lo zuccheraggio del mosto è una tecnica consentita e appunto molto sfruttata. In Italia, invece, non è possibile. Almeno non sempre. Si può praticare lo zuccheraggio solo su spumanti e vermut. Per tutti gli altri casi, per far salire il contenuto zuccherino del mosto e quindi la gradazione alcolica, si ricorre al taglio o al mezzotaglio del vino con mosti più dolci o più concentrati.

In passato anche in Italia si praticava lo zuccheraggio per aumentare la forza alcolica del vino. In alcune Regioni, come in Sicilia, si era addirittura soliti intervenire con l’aggiunta di alcol. Un metodo oggi considerato improponibile, dato che l’alcol aggiunto rallenta la naturale fermentazione del mosto e modifica, nel colore, nel contenuto minerale, nel sapore e nella complessità, il prodotto, nuocendo così alla sua qualità finale.

La regolamentazione vigente approva un taglio solo nel momento in cui avviene una miscelazione di vino o di mosti di diverse provenienze, diverse varietà di vite, diverse annate di produzione o appartenenti a categorie diverse di vino o di mosto. 

Le categorie da tenere in considerazione sono quella del vino rosso, il vino bianco, i mosti o i vini da cui si possano ottenere le categorie di vino rosso o bianco, il vino senza IGP o senza DOP, il vino a IGP e a DOP e i mosti e i vini da cui si possano ottenere i vini delle categorie con e senza IGP e DOP. Non viene invece considerato propriamente taglio la miscelazione che prevede la dolcificazione o l’arricchimento mediante l’aggiunta di mosto concentrato o mosto concentrato rettificato. Le ultime due categorie, ovvero arricchimento e dolcificazione, possono però essere ascritte solo in teoria nel contesto dei tagli: pur comportando una miscelazione queste pratiche seguono regole previste e più restrittive.

Così, per ottenere un vino conforme tramite la pratica del taglio tra diverse categorie, si devono rispettare alcune norme precise. Sono le regole prescritte dalla normativa interna e dai singoli disciplinari di produzione dei vini tutelati da denominazione di origine o da indicazione geografica tipica. Per i vini IGT (quelli a indicazione geografica tipica) si può effettuare un taglio nel limite massimo del 15% con vini o mosti provenienti da uve prodotte al di fuori della zona delimitata nei relativi disciplinari di produzione. Per il rimanente 15% la normativa UE non pone alcun vincolo ma, trattandosi di IGT, deve comunque essere di origine italiana. Allo stesso modo, per i vini DOC e DOCG, il taglio deve arrivare dalla miscelazione dal 100% uve raccolte nella zona delimitata dal disciplinare.

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